I tre ragazzi si lasciarono alle spalle la scultura che da oltre mille anni vigilava sulla porta dell'ufficio del preside. La conversazione con il ritratto del professor Silente li aveva rinfrancati ed essi erano quasi felici mentre attraversavano i corridoi deserti verso la sala grande. I segni della battaglia erano ovunque, ma nessuno di loro voleva, o poteva, ancora soffermarsi con consapevolezza sul costo in vite umane che la vittoria contro Lord Voldemort aveva richiesto. Tutti avevano perso degli amici ed alcuni di loro non avrebbero mai rivisto i propri padri, madri, fratelli. Era impossibile in quel momento pensare di non condividere mai più scherzi di squisita genialità e cattiveria con Fred; era altrettanto impossibile fermarsi a considerare quanto il destino del piccolo Ted Lupin somigliasse a quello di Harry.
“Ma almeno io non sono stato accusato ingiustamente di un atroce delitto e non passerò i prossimi anni ad Azkaban” pensava Harry “Teddy avrà almeno qualcuno che gli parlerà del coraggio di suo padre e di sua madre”.
Hermione ed Harry sbirciavano Ron continuamente di sottecchi, in attesa che la notizia della morte di suo fratello lo raggiungesse facendosi strada attraverso la sua coscienza, ma a quanto pareva non era ancora giunto il tempo del cordoglio per nessuno. L'adrenalina pulsava ancora troppo velocemente attraverso il cuore di tutti i presenti. Il tempo del dolore sarebbe giunto, ma non adesso.
Avevano appena varcato la soglia della sala grande e si stavano dirigendo, per pura abitudine, verso il tavolo che era tradizionalmente riservato alla loro Casa e che ora ospitava studenti di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero seduti uno vicino all'altro, quando Harry si fermò con un piede a mezz'aria, come colto da una improvvisa indecisione.
Ron ed Hermione si voltarono a guardarlo
“Qualcosa non va Harry?” chiese Ron con tono apprensivo
“No” rispose Harry “tutto Ok. E' solo che... ho una questione da risolvere, credo.”
“Di cosa diavolo stai parlando? Quale altra questione vorresti risolvere oggi? Dai, muoviti, ho fame!” ribattè Ron pratico.
Hermione lo guardò con aria esasperata “Si tratta di Ginny, Ron. Avanti, andiamo a sederci, Harry non ha bisogno di noi per questo.” Così dicendo si incamminò verso il tavolo con Ron, senza però risparmiare ad Harry uno sguardo dubbioso.
Ron si lasciò trascinare via senza opporre resistenza, soprattutto perchè Hermione lo aveva preso per mano con decisione; l'espressione di Ron era inebetita quanto quella di un Folletto della Cornovaglia colpito in volo dall'incantesimo della Pastoia.
Ginny era seduta al tavolo che una volta era di Tassorosso insieme alla sua famiglia. Accanto a lei sua madre si guardava attorno con sguardo umido, mentre il signor Weasley si alzava e si sedeva continuamente per conferire ora con questo ora con quel membro del ministero mano a mano che giungevano giubilanti a prendere atto della vittoria contro le forze oscure. Gli altri fratelli erano seduti attorno a George, che sembrava sul punto di svenire. Harry decise di allontanare ancora una volta dalla mente il pensiero di Fred e si diresse verso Ginny.
Aveva immaginato dozzine di volte il giorno in cui avrebbe finalmente potuto tornare a sperare di essere ancora nei pensieri di Ginny e aveva studiato con cura le parole da dirle e il tono con cui farlo nelle lunghe notti insonni passate con Ron ed Hermione durante la loro ricerca degli Horcrux. Ma non sapeva come, in quel momento la lingua sembrava annodata e la bocca foderata di sabbia. Per non parlare della mente inesorabilmente vuota.
“Ciao Ginny” le disse in un impeto di originalità quando fu davanti a lei “posso parlarti un momento?”
Ginny sollevò il viso dalla spalla di Molly e lo guardò con occhi spalancati. Possibile che non si aspettasse di vederlo? Ma si riprese subito e gli rispose un gelido “Ciao Harry. Dimmi pure”.
“Ehm, volevo dire... in privato... preferirei...”
“Non c'è nulla che tu debba dirmi che la mia famiglia non possa sentire, Harry”
Harry fu colto di sorpresa, ma presentarsi davanti a lei aveva significato dar fondo a tutto il suo coraggio per la seconda volta quel giorno, e non intendeva sprecare l'occasione. Non era affatto sicuro che ce ne sarebbe stata un'altra.
“Uhm, ecco, si. Quello che volevo dirti” cominciò con titubanza “è... sai, quel giorno al funerale di Silente... non aveva niente a che fare coi miei sentimenti... l'ho fatto solo, sai, per proteggerti, capisci, io non volevo... avevo paura che..... “
“Ah, allora è per questo” lo interruppe Ginny con impeto. “Sei venuto per spiegarmi una volta per tutte perchè tra le altre cose hai contribuito a tenermi chiusa nella Stanza delle Necessità mentre tutti combattevano oggi, mentre mio fratello moriva! Sei venuto a dirmi perchè non godo della tua fiducia come persona e come strega, è per questo che sei qui Harry? Per offrirmi la tua consolazione? E' così?” Ginny aveva in tutto e per tutto un'aria furibonda.
Harry prese fiato e considerò l'ipotesi di girare sui tacchi. Quella reazione era l'ultima cosa che si sarebbe immaginato. Si era figurato sguardo trasognato, tono cinguettante e forse qualche lacrima di gioia, ma quella che aveva davanti era una leonessa dalla criniera fiammeggiante e dagli occhi infuocati che non sembrava avere intenzione di rendergli il compito più semplice. Bene, evidentemente così doveva essere.
“Ginny” rispose con tono calmo, come se stesse spiegando un concetto molto difficile ad una bimba molto piccola “tu dovevi restare al sicuro. Sei minorenne. Inoltre io...” cercò con cura le parole “Io non avrei potuto combattere oggi se ti avessi saputa ferita, o morta. Quale forza pensi che avrei avuto contro Voldemort se avessi pensato di poter essere la causa della tua morte?”
“E questo è tutto quello che conta, non è così signor Potter?” Ginny era in piedi davanti a lui e sembrava decisamente più alta di quanto non fosse in realtà. “Quello che Harry Potter vuole, come Harry Potter si sente! Di tutti gli egocentrci presuntuosi arroganti e prepotenti..... e io? Non hai mai pensato a come mi sentivo io? Voi ve ne siete andati! Ve ne siete andati senza una parola, tu, mio fratello e la mia amica più cara, mi avete mollata come un bagaglio superfluo, senza dare notizie, senza un fiato per mesi e mesi!! E quando ti rivedo, quando finalmente mi rendo conto che sei vivo e che stai bene, ecco che mi elimini di nuovo, mi scarti come... come una vecchia bacchetta rotta. Io sarò anche minorenne, ma sono una strega di un certo talento, se non l'avessi notato!! Ho guidato l'Esercito di Silente quest'anno!! Avrei potuto aiutarti, avrei potuto salvare delle vite, avrei potuto combattere a lungo come tutti gli altri invece di restare immobile e al sicuro, come di ci tu, a non far niente mentre gli altri facevano la loro parte! Ma no, certo che no! Non facciamo preoccupare il grande Harry Potter, il nostro salvatore, il prescelto, il predestinato. Lui solo conta! Come mi sento io? Come mi fai sentire Harry?
Harry la guardava con un misto di terrore e di ammirazione. Quegli occhi erano quelli che aveva sognato ogni notte durante la loro separazione. In un momento di panico pensò che tutto sommato con Voldemort era stato più facile: almeno, con lui aveva sempre saputo cosa avrebbe dovuto fare. Si guardò attorno in cerca di ispirazione e colse lo sguardo di Ron all'altro capo della sala, che esprimeva profonda comprensione. Quegli occhi dicevano: “Taci, lasciala sfogare e alla fine baciala” ed Harry sapeva quanto dovesse costare a Ron esprimere un simile consiglio, pur senza parole. Harry pensava peraltro che fosse un consiglio strepitoso, soprattutto l'ultima parte. Tuttavia aprì la bocca per dire “Non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a come stavi, Ginny. Ho sempre...”
“Hai sempre? Hai sempre cosa? Cosa? Cercato il modo di contattarmi? Hai passato notti in bianco a pensare a come avresti potuto farmi avere vostre notizie perchè sapevi che dovevo essere preoccupata a morte? E' questo che hai fatto? Mi hai mandato il tuo Cervo? Ci hai mai almeno pensato? Neville si è allontanato dal castello per due ore quest'anno, e solo per andare ad Hogsmead senza permesso, e mi ha mandato il suo Patronus per dirmi che stava bene. E tu Harry cosa hai fatto? Sei rimasto sdraiato nel buio sentendoti eroico ed altruista perchè mi proteggevi da ogni pericolo?”
Harry non sapeva cosa rispondere.
“Io non.....”
“Cosa? Io non cosa, Harry??”
"Non... "
"CHE COSA?"
“Io non ho mai smesso di amarti” urlò quasi Harry
A queste parole tutto si fermò. Nuovamente gli occhi di tutta la sala grande erano puntati su Harry, come se improvvisamente nessuno avesse di meglio da fare che ascoltare la quel che accadeva tra lui e Ginny. Mentre fino a un istante prima la sala era piena di brusio e chiacchiere, il silenzio a quel punto era palpabile, come se fosse stato creato apposta perchè tutti potessero godersi al meglio la conversazione. Molly si voltò di scatto verso Arthur con uno sguardo interrogativo che diceva “ma tu ne sapevi niente?”, tutte le ragazze di qualsiasi Casa nel raggio di 5 metri sobbalzarono vistosamente e persino George alzò gli occhi per un momento e fissò Harry e poi Ginny, prima di rinchiudersi nuovamente nel profondo di se stesso a cercare suo fratello.
Più di tutti, fu Harry a stupirsi nell'udire quelle parole, che gli erano uscite senza che se ne rendesse completamente conto. Fece un piccolo passo indietro sperando che fossero le parole giuste. Senz'altro, erano vere, e se ne rendeva conto per la prima volta ora che le aveva pronunciate.
Ginny sembrava rimasta improvvisamente senza nulla da dire. La sua carnagione bianca era diventata scarlatta, i suoi capelli somigliavano ancora a una criniera fulva ma i suoi occhi non lanciavano più fuoco e fiamme. Si avvicinò ad Harry lentamente e gli pose una mano su una spalla.
“Come hai detto Harry?” chiese
Harry vagliò velocemente una dozzina di risposte possibili, e poi decise di dare retta almeno ad un terzo del consiglio di Ron. Circondò Ginny con un braccio e con l'altro le accarezzò la criniera, che magicamente si trasformò in una cascata di morbidi capelli rossi e lisci, e la baciò come lei l'aveva baciato il giorno del suo diciassettesimo compleanno.
Dopo un lungo momento Ginny si staccò dal bacio.
“Ehm, d'accordo, non sei un egocentrico” disse ridendo.
Spezzata la tensione, Harry rise a sua volta, ma l'euforia si spense sul suo viso quando incrociò lo sguardo di Arthur Weasley che lo fissava avvicinandosi a grandi passi. Improvvisamente si rese conto di aver baciato Ginny con passione sotto gli occhi non solo di tutta la scuola ma anche e soprattutto dei suoi genitori. Genitori che, come era stato dimostrato in diverse occasioni, tendevano ancora ad essere piuttosto protettivi nei confronti della loro unica figlia femmina. Sentì che doveva dire qualcosa....
“Signor Weasley, io.....” cominciò, ma Arthur l'interruppe
“Harry, ti ho accolto in casa mia come un figlio” tuonò, ed Harry tremò leggermente “ed ora vedo che ho un motivo di più per considerarti parte della famiglia. Spero che lo sarai per sempre!!” Gli occhi del signor Weasley luccicavano di lacrime trattenute mentre quelli di Molly a queste parole piansero senza ritegno alcuno, ed Harry non seppe mai se fossero lacrime di gratitudine per la sconfitta del Signore Oscuro, di dolore per Fred o di emozione per aver scoperto nella loro figlia una giovane donna coraggiosa e risoluta.
Harry sorrise e ringraziò i Weasley, cinse la vita di Ginny e si diresse con il cuore considerevolmente più leggero verso il tavolo di Ron ed Hermione, che erano ancora per mano.
Le due ragazze si scambiarono un'occhiata di intesa che fece uno strano effetto rammollente sulle ginocchia di Ron ed Harry, ma i due decisero di non badarci. Tutti e quattro si sedettero al tavolo e fecero onore all'ottimo banchetto che gli Elfi Domestici superstiti avevano allestito per tutti loro.