martedì 3 marzo 2009

NULLA E' COME SEMBRA: IL LUPO CATTIVO

 

Quando Aki nacque, nessuno nel bosco si aspettava che l’anziana lupa Solima avrebbe avuto un altro cucciolo.

 

La sua famiglia era già molto numerosa, e i suoi figli erano ormai tutti adulti.

Il padre, il lupo grigio Nakido, era stato molto felice quando Solima gli aveva annunciato che avrebbero avuto un nuovo figlio. Felice e un po’ preoccupato.

 

-         Solima, ma sei sicura? Alla tua età… potrebbe essere pericoloso…

-         Forse, mio caro, forse. Ma pensa come sarà bello, sentire ancora rumore di zampette in giro per la tana!!

 

Così tutto il branco si era messo in attesa di quel cucciolo imprevisto, e quando era nato il piccolo Aki non aveva avuto un padre e una madre, ma almeno 20 padri e 20 madri! Tutti lo coccolavano, lo vezzeggiavano, lo viziavano portandogli delizie da mangiare quando Solima non vedeva e lo consideravano un po’ loro il figlio, un po’ il loro fratellino.

 

Aki, insomma, era il lupacchiotto più felice e beato che si fosse mai visto.

 

Dopo il primo inverno, passato al caldo e al sicuro della propria tana, con l’arrivo della primavera Aki cominciava ad uscire e ad esplorare il mondo. Era molto vivace e curioso di tutto, e faceva amicizia facilmente con ogni creatura vivente si trovasse davanti. Tra i suoi più cari compagni di gioco c’erano un coniglio e uno scoiattolo, coi quali spesso si assentava per giornate intere, girovagando per il bosco.

 

Bisogna dire che Aki era anche un po’ avventato, e spesso si ficcava in situazioni dalle quali non sapeva più uscire, come quella volta che per inseguire una farfalla si era trovato aggrappato al ramo di una quercia, e ci erano voluti 4 dei suoi fratelli per tirarlo giù; o quell’altra volta, quando volendo assaggiare il sapore del pesce aveva cercato di prenderne uno nel ruscello vicino alla tana, riuscendo soltanto a cadere in acqua e a farsi ripescare da Nakido, arrabbiatissimo per la sua imprudenza.

 

Solima lo capiva: anche lei era stata molto vivace da cucciola. Inoltre Aki era spesso solo, perché lei era piuttosto anziana e non aveva la forza di seguirlo dovunque; i suoi fratelli e sorelle erano spesso a caccia e quindi non sempre potevano badargli come si deve.

 

Fu per questo che un giorno Nakido decise di impartirgli una importante lezione.

 

Partirono insieme per una lunga passeggiata nel bosco, e Nakido gli parlò a lungo del pericolo, di come evitarlo e di come riconoscerlo.

 

Oltre a questo, gli spiegò che era completamente inopportuno, per un lupo, fare amicizia con dei conigli o degli scoiattoli. Aki non capiva. “Ma perché, papà?” chiedeva. Le spiegazioni gentili di Nakido non lo soddisfacevano, fino a che il grosso lupo grigio dovette dirgli le cose come stavano veramente. “Noi siamo cacciatori, figliolo. Conigli e scoiattoli sono le nostre prede. Un giorno, potresti dover mangiare i tuoi amici”

 

Aki ne rimase sconvolto… ma non al punto di rinunciare. “IO non mangerò mai i miei amici” pensava “nemmeno se dovessi morir di fame”.

 

Nakido sorrideva dell’ingenuità di quel cucciolo. Sapeva che prima o poi, la vita gli avrebbe fatto capire le cose che lui, in quel momento, non poteva. Era così che le cose andavano, tra cacciatori e prede.

 

-         Ma la cosa più importante che devo dirti oggi, figliolo – proseguì Nakido – è un’altra. C’è un animale dal quale devi assolutamente guardarti. Non avvicinarti mai, fuggi se lo fiuti, nasconditi se non puoi fuggire. E’ l’animale più pericoloso di tutti, più letale anche di tutto il branco riunito.

 

Aki era attentissimo.

 

-         E che animale è, papà?

-         E’ L’essere umano.

-         Essere umano? Cos’è un essere umano?

-         Gli esseri umani non abitano nel bosco, ma spesso lo attraversano. Camminano solo sulle zampe di dietro, e quelle davanti gli penzolano accanto al corpo pronte ad afferrare qualunque cosa gli passi vicino. Sono crudeli, uccidono non soltanto per mangiare, ma anche per puro divertimento. Possono creare il fuoco che tutto divora, e hanno un arma potente, che chiamano fucile, che serve per uccidere gli animali a distanza.

 

Aki non aveva mai sentito niente di più terrificante.

 

-         Starò alla larga, papà, puoi credermi! – disse convinto, con le zampe che gli tremavano.

 

Dopo questa chiacchierata sembrò per qualche giorno che Aki fosse diventato più prudente e più giudizioso. Ma una mattina, uscendo dalla tana, sentì il profumo più delizioso, più spettacolare, più irresistibile che si fosse mai propagato per la foresta. Tirò su il naso bene bene in alto, e lo seguì.

 

Percorse poche centinaia di metri, si accorse di trovarsi in un tratto di bosco senza alberi e senza erba per terra. Una striscia di terra che si allungava davanti lontano lontano attraverso la vegetazione e di cui non si vedeva ne l’inizio da una parte, ne la fine dall’altra. Stava ancora chiedendosi di cosa si trattasse, quando il profumo tornò a colpirlo. Si voltò e vide che proveniva da….. beh, proveniva da….. oh, insomma, ma cosa diavolo era quell’animale a due zampe che procedeva velocemente verso di lui????? Il profumo sembrava arrivare da un cesto che l’animale portava con una delle zampe davanti, che stranamente non poggiavano per terra ma stavano sospese per aria.

 

Ehi, un momento! Un momento un momento un momento………… oh accidenti, ma quello è un essere umano! Aki fece un balzo indietro. Era tremendamente spaventato, dopo i racconti del padre, ma come spesso accade ai cuccioli, la curiosità era superiore allo spavento. Si acquattò nei cespugli e osservò l’umano che camminava. Sembrava un cucciolo, anzi, una cucciola femmina. Emetteva rumori gradevoli con la bocca, e saltellava come se fosse molto felice. Aveva una cosa, una specie di grosso pezzo di qualcosa del colore delle fragole che le copriva la testa e le pendeva dalla schiena, arrivando quasi fino ai piedi. Ad ogni oscillazione del cestino, il profumo faceva perdere ad Aki il lume della ragione. Per fortuna, velocemente, l’essere umano cucciola sparì dalla vista e Aki fece ritorno a casa.

 

Il giorno dopo, lo stesso profumo lo accolse all’uscita della tana. Tornò sui passi del giorno prima, nella speranza di vedere nuovamente quello strano animale e il suo cestino, ed infatti dopo poco eccola comparire in fondo al sentiero.

 

Aki si fece coraggio e mosse un passo verso di lei. La bambina si fermò improvvisamente, come impaurita, ma poi lo guardò sorridendo.

 

-         oh ma che bel cucciolino! Vieni piccolino, vieni…

 

Aki non capiva i suoni che uscivano dalla bocca di lei, ma incoraggiato dal suo atteggiamento amichevole si avvicinò. Lei lo accarezzò sulla testa e gli fece il solletico sulla pancia, come faceva qualche volta sua mamma, e Aki si convinse di non correre alcun pericolo.

 

-         Hai fame, piccolino? Eh? Hai fame? Ho qui qualcosa di buono… guarda! Ti piace?

 

La bambina aveva aperto il cestino e il profumo fragrante di quel che c’era dentro si sparse tutto attorno. Aki non poteva credere al suo stesso naso: quello doveva essere il profumo del paradiso dei lupi! La bambina tirò fuori una grossa frittella e la porse ad Aki, invitandolo ad assaggiare.

 

Aki assaggiò quella ed altro. Non aveva mai mangiato niente di così saporito e così delizioso. Leccò le mani della bimba per ringraziarla e mentre se ne andava, restò impigliato nei suoi vestiti. Lei rise di gusto

 

-         Ahah piccolo lupo, hai ragione, il mio mantellino rosso è un vero impiccio! Io lo detesto! Ma la mamma insiste che devo metterlo, e così mi tocca ubbidire. Qui, aspetta che ti libero!

 

Così dicendo lo liberò ed Aki corse via, verso la tana.

 

Sulla via del ritorno riflettè su quello strano incontro. Non c’erano dubbi che quella fosse un essere umano. Eppure era stata gentile e gli aveva offerto del cibo. E non aveva in mano nulla che sembrasse un arma. Sicuramente suo padre aveva esagerato parlando degli esseri umani. La bambina non sembrava affatto pericolosa. Ciò nonostante, Aki valutò che fosse meglio non informare la famiglia della nuova, improbabile amicizia che aveva stretto.

 

Nei giorni e nelle settimane seguenti, Aki incontrò spesso la bambina col cappuccio rosso. Lei gli dava sempre qualcosa da mangiare, giocava con lui qualche minuto, e poi proseguiva per la sua strada, giù, lungo il sentiero. Evidentemente doveva avere una tana, laggiù.

 

La primavera lasciò il posto all’estate e l’estate all’autunno, e non passava giorno che Aki e la bambina col cappuccio rosso non passassero qualche tempo insieme giocando o camminando o mangiando le frittelle che uscivano magicamente dal cestino. Era ormai diventata la sua più cara amica, e Aki l’attendeva al sentiero ogni mattina, con impazienza. Del resto, lei sembrava altrettanto lieta di vederlo.

 

Ma quando anche l’autunno finì e cadde la prima neve, la bambina non tornò. Aki era molto triste, ma capiva che probabilmente, per quegli esseri spelacchiati senza pelliccia non doveva essere piacevole andare in giro con quel freddo. Così si dispose ad attendere la fine dell’inverno sperando che con la nuova primavera la sua amica sarebbe tornata.

 

Nel frattempo Aki cresceva. Durante l’inverno aveva messo su una bella pelliccia folta e dorata, ed era diventato sempre più esperto nella caccia, tanto che ormai i suoi fratelli lo portavano quasi sempre con loro per le battute più importanti. Aki ne era molto orgoglioso, e benché avesse ormai l’aspetto di un lupo adulto, dentro di se era ancora un giocherellone ed un combinaguai, come era sempre stato.

 

L’inverno finì e tornò la primavera. Una mattina, come l’anno precedente, il profumo di frittelle aleggiava nell’aria quando Aki uscì dalla tana. Che gioia! La sua amica stava tornando!!! Si affrettò verso il sentiero e vistala che arrivava allegramente col suo cestino, le corse incontro, le saltò sulle spalle e cominciò a leccarle la guancia uggiolando tutto contento.

 

Ma la bambina urlò. Un urlo terribile, acuto e penetrante. Afferrò una pietra da terra e la picchiò violentemente sulla fronte di Aki, che indietreggiò incredulo. Si fermò al centro del sentiero assumendo per istinto la posizione di difesa, cercando di capire cosa stesse succedendo. La sua amica non smetteva di urlare e di lanciargli addosso tutti i sassi che trovava a tiro. Aki, disperato, fuggì.

 

Il giorno dopo, Aki non si mosse dal bordo del sentiero. Attese di vedere se la bambina arrivava, ma quando la vide fu sorpreso di scoprire che non era sola. Si nascose in un cespuglio a guardare e vide che l’altro essere umano che la accompagnava, che era più grosso e più peloso di lei, aveva in mano un oggetto che aveva tutta l’aria di essere quel “fucile” di cui suo padre gli aveva parlato tanto tempo prima. Aki non poteva credere che lei volesse fargli del male, e non uscì dal suo nascondiglio.

 

Nei giorni seguenti, la bambina fu spesso accompagnata dall’uomo col fucile. Aki non si azzardò a farsi vedere, anche se avrebbe tanto voluto che tutto tornasse come prima, come quando erano amici. Un giorno lei apparve sola. Aki ne fu molto felice, ma quando si avvicinò vide che brandiva in mano un grosso bastone e che camminava lanciando occhiate attorno al sentiero come se si aspettasse che qualche mostro spaventoso potesse uscire e catturarla. Il giovane lupo proprio non capiva. Cosa mai era cambiato?

 

Era talmente triste che passava la maggior parte del tempo girovagando senza meta per il bosco. Una mattina, si trovò davanti ad una strana costruzione di pietra, che non aveva mai visto, dove era molto forte l’odore della bambina col cappuccio rosso.

 

Ci girò un po’ intorno, e capì infine che quella doveva essere la tana cui la sua amica si dirigeva ogni giorno, col suo cestino di frittelle. Decise di aspettarla. Si accucciò davanti a quello che sembrava un ingresso, e si dispose ad attendere con pazienza.

 

Lei arrivò poco dopo. Appena lo vide, si mise a gridare e a correre. Aki si alzò e si incamminò lentamente verso di lei, col muso basso e la coda tra le zampe, per cercare di tranquillizzarla. Le sue urla attirarono persone che improvvisamente cominciarono ad arrivare da ogni parte. Esseri umani armati di fucile sbucavano fuori come funghi dopo un temporale estivo, ed Aki capì che era a questo che suo padre si riferiva, quel lontano mattino, parlando di quanto sono pericolosi gli umani. Ciò nonostante, non scappò. La sua amicizia con la bambina dal cappuccio rosso era più importante. Restò immobile, a guardarla, fisso, con lo sguardo obliquo e cercando di emettere dei suoni tranquillizzanti. Anche la bambina lo fissava, con la sua mantellina rossa che svolazzava al vento.

 

Improvvisamente, qualcuno sparò. Aki perse il controllo. L’istinto prese il sopravvento, egli si girò ed azzannò ad una gamba una vecchia signora, che nel frattempo era uscita dalla casa per vedere cosa stesse succedendo. Tutti gli uomini si avventarono nella sua direzione e lui mollò immediatamente la presa, dispiaciuto per quello che aveva fatto. Non aveva avuto intenzione di far del male a nessuno, ma solo di difendersi. Ma a quel punto, temeva che non ce l’avrebbe fatta, ne a fuggire ne a difendersi. Snudò i denti, ed attese.

 

Improvvisamente la bambina gridò. Ma non fu un grido di terrore, aveva più l’aria di un avvertimento.

 

-         Aspettate! Aspettate! Fermatevi, tutti, fermatevi!

 

Tutti si voltarnono a guardarla, come se fosse impazzita. Lei si avvicinò lentamente ad Aki

 

-         Lupacchiotto… ma sei tu? Oh Lupacchiotto! Non ti avevo riconosciuto, sei così cambiato! Non fategli del male!

 

Gli uomini con il fucile si guardarono per un attimo, allibiti. Videro la bambina avvicinarsi al lupo, cercarono di trattenerla ma lei si divincolò e si accostò ad Aki. Gli porse la mano, e lui la leccò gentilmente. Poi, approfittando del momento di calma, scappò via e si inoltrò nella foresta.

 

Prima di scomparire alla vista, si voltò e lanciò un ultimo sguardo alla bimba col cappuccio rosso, che a sua volta lo guardava fisso. Poi, se ne andò.

 

Tornato alla sua tana, disperato e piangente, raccontò a suo padre tutta la storia. I lupi erano in allerta, avevano avvertito la presenza di molti esseri umani e stavano in guardia. Aki confessò la sua amicizia con la bambina, e chiese perdono a Nakido per avergli disobbedito.

 

-         Figliolo, ora capisci quello che intendevo. Cacciatori e prede non possono essere amici. – disse il padre lentamente – solo che in questo caso non sei tu il cacciatore, ma sei la preda.

 

Aki capiva. Capiva che il suo istinto lo avrebbe portato ad attaccare quelle persone per difendersi, così come loro lo avevano attaccato credendo che la loro cucciola fosse in pericolo. Capì che non avrebbe potuto più essere amico di quella bambina gentile, e ne fu molto triste.

 

Da quel giorno, Aki non si avvicinò mai più agli esseri umani e ai loro fucili. Ma quando la mattina partiva per la caccia, passava sempre vicino al sentiero dove lui e la piccola umana avevano passato tanto tempo insieme

 

E sempre, trovava una frittella lasciata li per lui.

1 commento:

  1. ...il lupo che ha scelto di dimenticare l'istinto per amore dell' uomo è diventato un cane.
    E l' uomo non ha saputo ripagarlo nè onorarlo per questo sacrificio.

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