E' di ieri sera la notizia che i "molestatori" che sembrano tanto attivi ultimamente non sono estranei per le donne molestate ma nella maggior parte dei casi conoscenti, amici, famigliari. Ovvero una donna è più sicura la notte sola nel bosco che tra le pareti domestiche. E già qui mi verrebbe da chiedere dove sia la novità.
Ma quello che mi lascia perplessa è qualcos'altro.
Ossia: ma quanto siamo noi stesse co-responsabili delle violenze che subiamo? (e dico responsabili, non colpevoli!)
Ora, non mi saltate addosso tutti insieme. Non sono tra quelle che pensano che le donne meritano la violenza perchè vanno in giro in minigonna o con camicie scollate. Ci mancherebbe.
Però nella cronaca di questi giorni, se si vedono molestatori e violentatori sempre più audaci, si riscontrano anche donne sempre più ingenue, sempre più disattente, sempre meno in grado di capire chi hanno davanti.
Mi domando perchè.
L'altro giorno una madre ha mandato la figlia tredicenne dritta in bocca al lupo perchè lui potesse fare un rito magico maya - per il quale serviva una vergine - al fine di far ottenere alla madre e figlia in questione una assegnazione alle case popolari. Perchè non sono scattati i campanelli di allarme nella testa di questa donna, di questa madre, che ha invece allegramente comprato i biglietti del treno per la vittima del rito?
Perchè non siamo più capaci di intuire, di vedere "dentro", di capire davvero le cose che accadono? Cosa abbiamo perso, cosa ci manca? oh, la risposta non è difficile, vero?
Le molestie sul lavoro. Ora, una manata sul sedere ci sta, io dico che chiedere è lecito - anche se il modo non è certo dei migliori. Se la risposta è no e se la mano si ritira, fine della storia. Se arriva la seconda manata, allora per quanto mi riguarda quella mano dovrebbe essere messa nelle condizioni di non poter mai più dare la terza. MAI più. Perchè no è no. E invece quante donne accettano? Perchè lo fanno? Soffrono, e non parlano. Perchè? PErchè hanno perso il rispetto di se stesse al punto da farsi usare? E' solo per avere un lavoro, o una promozione? o c'è di più?
Non voglio certo deresponsabilizzare i molestatori, ma perchè non siamo più in grado di tenerli a bada? Voglio dire, se uno ti prende e ti pesta e poi ti violenta, insomma, c'è poco da fare. Ma spesso la violenza è subdola, strisciante, ripetuta, e basterebbe un occhio attento o una parola al momento giusto a placarla.
E poi ho anche la sensazione che se il sesso fosse trattato meno come un tabù tremendo (e non facciamo finta che non sia più così...) e se si evitasse di caricarlo di valenze che francamente non ha, si raggiungerebbero due risultati:
1. ci sarebbe meno gente in giro probabilmente propensa ad usare il sesso per scopi diversi dal piacere e dalla procreazione (e parlo sia dei molestatori che delle molestate)
2. molti atteggiamenti magari volgari o magari maleducati non finirebbero sotto il nome di "molestie sessuali" e schiere di ragazzine palpeggiate dai coetanei eviterebbero interminabili sedute di psicoterapia.
Parlo per esperienza personale. Io NON ho MAI subito violenza. Quando avevo 11 anni, un gruppo di miei compagni di classe, capitanati da uno che toccava il sedere a tutte, mi hanno inseguita all'uscita di scuola. Qualcuno mi ha tenuta ferma mentre questo ragazzino mi ha infilato le mani sotto la camicetta, spiegandomi anche con prosa alata quali intenzioni gli sarebbe piaciuto portare a compimento su di me con il suo "coso". Ebbene? Ripeto, io NON SONO MAI stata violentata. Questo episodio non mi ha fatto crollare, piangere, disperarmi, non mi ha provocato traumi ne temporanei ne permanenti, non ha compromesso il mio futuro rapporto con gli uomini ne la mia futura vita sessuale. Ho semplicemente assestato qualche bel calcione negli stinchi e me ne sono tornata a casa, come tutti i giorni. La mattina dopo eravamo tutti amici - e peraltro con questo scaltro ragazzino sono rimasta molto amica anche in seguito, per tutte le medie, fino a quando si è trasferito.
Ebbene, certo, non è un comportamento giusto da tenere. Ma tra qui e farne una tragedia ce ne corre. L'altra sera al telegiornale ho sentito di una ragazza di 13 anni che aveva avuto la stessa identica esperienza. Era in mano a non so più quanti dottori e psichiatri, e i ragazzi erano stati arrestati. Ho pensato al me stessa ragazzina, e mi sono posta delle domande. Prechè siamo tanto "mentalizzati" sul sesso da far si che una cosa del genere, che certo non è innocente ma nemmeno criminale, movimenti schiere di dottori per confortare la vittima che magari, se non avesse avuto tanti psichiatri intorno, avrebbe semplicemente scrollato le spalle come ho fatto io? Perchè certo, ci devi fare i conti. Ma a 13 anni hai gli strumenti per fare i conti con i tredicenni. O meglio devi averli. A meno che gli adulti accanto a te siano i primi a non aver strumenti del tutto.
Perchè oggi, dopo 25 anni, una ragazzina toccata da un coetaneo - o anche da più di uno - si sente violentata? Cosa stiamo insegnando ai nostri figli? Che chi tocca muore? Li stiamo rendendo più deboli invece che più forti, maschi e femmine, ognumo a suo modo.
I maschi, perchè non sanno più relazionarsi, vogliono tutto e subito, non hanno idea di cosa sia l'emozione, l'attesa, l'affetto. Le femmine perchè continuiamo a far sognare loro il principe azzurro e non le aiutiamo a mettersi in guardia dai lupi cattivi ne a distinguere tra lupi veri e lupi senza denti.
Lo stesso vale per le molestie che avvengono dentro la famiglia. si possono accettare compromessi per il bene "comune" della famiglia, ma quando il compromesso non basta più, quando si passa alla violenza vera e propria, le donne spesso mancano del coraggio per uscirne. Perchè mai? PErchè mai trovano più facile sopportare che prendere il controllo della propria vita?
Ora, io non mi sogno nemmeno di entrare nella tragedia di tutte quelle donne che vivono o hanno vissuto una violeza senza riuscire ad evitarla. Non sto giudicando, spero sia chiaro. Ma la risposta a queste domande secondo me è molto più nella psiche delle vittime che in quella dei molestatori. Ed è su esse (vere o potenziali) che bisognerebbe lavorare.
Parere personale
A.
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