Dunque, capita che in questi giorni ho alcune amiche diciamo "perplesse" sulla questione della relazione uomo-donna.
Prendo spunto da una collega, il cui fidanzato (che ha 10 anni + di lei il che ne fa un uomo di mezza età o quasi) è rimasto piantato con la macchina in mezzo alla strada per un guasto. A 30 km da qui. Cosa spinge quest'uomo a chiamare lei in panico per chiederle cosa debba fare? Lei che è in giro coi mezzi, che non può raggiungerlo se non tra un'ora, che ha 10 anni di meno e che sta a 30 km da lui? Perchè non se la sa sbrogliare da solo?
Altre amiche lamentano continuamente che i loro uomini mentono, eludono, scappano.
Le amano ma non lo ammettono.
Le amano ma non vogliono prendersi responsabilità.
Le amano ma le annullano, assorbendo poco a poco la loro vita, intelligenza, creatività per relegarle in un ruolo non loro. Che vogliono Biancaneve per moglie, tutta torte e canzoncine, senza un briciolo di autonomia o di cervello.
Uomini che tradiscono senza pudore, uomini con la maturità emotiva di mio figlio che ha 6 anni. Uomini che sono talmente pieni di seghe mentali (si può dire seghe mentali? ormai l'ho detto... 2 volte) da non sapere più da che parte voltarsi per capire ciò che provano. Non parliamo di esternarlo.
Uomini in un modo o nell'altro deboli (anche chi eventualmente picchia una donna lo è!), impreparati a gestire la complessità femminile, sminuiti - così si sentono - davanti a una donna intelligente, che sa quello che vuole. Uomini che hanno bisogno che una donna abbia bisogno di loro per sentirsi virili.
Per sentirsi "uomini veri".
E dall'altra parte, donne che non vogliono più scendere ad alcun tipo di compromesso, che non accettano la minima negazione, che vogliono tutto e subito, che fagocitano il loro uomo piuttosto che affiancarlo. Che recitano in molti casi la parte della madre castrante (tu non vali niente, tu non guadagni abbastanza, tu non sei un padre adeguato!), oppure della piccola fragile principessina dolce e disponibile (non posso stare senza di te, non posso vivere senza di te, senza di te non sono niente, ti prego non lasciarmi), che altro non è che il rovescio della medaglia, solo un altro sistema di controllo.
Donne e uomini che fanno fatica ad essere se stessi e a trovarsi allo stesso tempo. Relazioni che devono privilegiare uno dei due, perchè tutti e due insieme non riescono ad andare avanti. Il rispetto dello spazio dell'altro è perso, la prevaricazione prevale.
Donne che accettano - ma recriminano
Uomini che pretendono - ma tremano.
Cosa c'è che non va?
Secondo voi, uomini o donne che siate, cosa diavolo c'è che non va in tutto ciò? Dov'è il punto che mi sfugge per capire questa schifosa dimamica?
La verità è che non esiste un punto (credo) o forse il punto è che siamo talmente rincoglioniti che preferiamo metterci davanti alla tv a guardare "l'sola dei (poco) famosi" da lasciare alle nostre spalle il dialogo che i nostri gentiori, o i nostri nonni, affrontavano ogni sera davanti al focolare. Manca il dialogo, manca la forza di affrontarlo. Ci trinceriamo dietro mille scuse pur di non affrontarlo. Sai che il mio matrimonio è naufragato un anno fa e ora affronto altre tempeste, totalmente diverse da quelle che mi coinvolgevano un tempo. Non sto vivendo una fase idilliaca, ma con il mio attuale compagno (sì, uomo), vorrei si potesse basare tutto sul dialogo, sul colloquio, sullo stesso piano. Parlarsi tra uomo e donna è divenuto impossibile, noi uomini troppo egoisti (!!!) voi donne altrettanto (!!!). Credo che l'egoismo, l'indifferenza, il contrasto, l'antagonismo nascano tutti da questa mancanza di comunicazione. In più abbiamo esempi televisivi che inducono al contrasto, all'antagonismo a tutti i costi. Sto provando a ritrovare una vita con la persona che amo in questo momento. Che importanza ha se è del mio stesso sesso? Ci vogliamo bene e stiamo bene insieme. Troppo spesso questo, viene dimenticato nella nostra società e travisato in perversione. Eppure non facciamo nulla di male, ci vogliamo bene... io e lui. E' obbligatorio che sia per forza una lei? Non mi sembra. Scusa per questo sfogo, in genere non scrivo commenti così chilometrici ma mi hai dato l'input per tirar fuori questa rabbia interna nei confronti di questa società e di questa Chiesa che opprime l'amore e poi, dietro i paraventi del Vaticano e dei palazzi di governo, ne combina peggio di Bertoldo. Grazie per l'occasione offertami.
RispondiElimina:-*
Per prima cosa caro Eagle
RispondiEliminai tuoi commenti chilometrici sono i benvenuti sul mio blog! Quando e come vuoi!
Seconda cosa, tu hai ragione e io sono stata avventata. Certo che non c'è bisogno che si tratti di uomo-donna. Intendevo parlare di relazione amorosa e ho generalizzato un po' troppo. Vero è che non conosco minimamente le dinamiche interne alla relazione omosessuale, ma immagino che non siano troppo diverse dalle dinamiche di una qualsiasi relazione etero. E immagino altresì che le coppie omo abbiano da affrontare tutta una serie di ulteriori problemi che gli etero non hanno e non avranno mai. Problemi che si aggiungono ovviamente alla mancanza di comunicazione che giustamente - e condivido in pieno - tu indichi come uno dei problemi principali.
Su una cosa però dissento: non mi sentirei di prendere le generazioni precedenti come esempio di serena e corretta vita familiare. La relazione era più "tranquilla" perchè aveva delle regole precise dalle quali non si prescindeva, il che naturalmente rende OGNI relazione molto più agevole. Tutti sanno quel che ci si aspetta, lo fanno, e stop.
Il problema è che oggi secondo me tali regole fisse sono saltate.
Non abbiamo più il padre che lavora e la mamma che sta a casa, uno che guadagna e una che accudisce, non abbiamo più figli educati al silenzio e all'obbedienza, non abbiamo più i "ruoli tradizionali" che ci siamo portati dietro immutati per anni e che - per quanto non condivisibili - davano comunque istruzioni precise sul fare e non fare.
Oggi abbiamo rimesso tutto in discussione. Ognuno deve inventarsi giorno per giorno, dobbiamo rimetterci in gioco continuamente mentre prima non era così. Forse è questo che ci inibisce: le donne diventano "uomini" nel senso che si liberano dai vecchi condizionamenti, e gli uomini diventano "donne" nel senso che si sentono liberi anche di essere sensibili e empatici - mentre prima non dovevano chiedere mai, e tantomeno piangere.
Trovare un equilibrio nn è facile.
Io credo che tutte le società costruiscano ruoli di genere differenziati, e parlo di "genere" (culturalmente definito) non di "sesso" (biologicamente determinato) . Anche se ovviamente da punto di vista di una società, che ha tra i suoi scopi quello di perpetuare se stessa, difficilmente la relazione omosessuale potrà essere (culturalmente) "sullo stesso piano" di quella omosessuale, dato che quest'ultima esclude la procreazione. E dico questo senza voler togliere nulla a chi è omosessuale. Credo che la grande confusione che c'è oggi sia dovuta al fatto che stiamo vivendo una fase di transizione, da un modello di famiglia patriarcale allargata (che è stato dominante in Europa fin dal medioevo) ad un modello matriarcale, che però deve ancora delinearsi appieno. Il ruolo della donna si sta delineando sempre di più come dominante, il che spaventa gli uomini, e trova impreparate le donne. Credo che tra due generazioni ci si troverà con una organizzazione familiare nuova, probabilemnte molto più libera, ma con ruoli comunque definiti, e ripeto, secondo me sarà a base matriarcale.
RispondiEliminala famiglia è stata matriarcale - o meglio matrilineare - per molto tempo prima dell'avvento della "civiltà".
RispondiEliminaAlcuni dicono che le società in cui la cultura era trasmessa per via matrilineare erano società pacifiche, serene, con un equilibrata attenzione alla natura e alla Terra. Poi è arrivato l'uomo con le sue armi (simboli fallici di potere) e ha rovinato tutto, fondando un sistema basato sulla forza fisica in cui, ovviamente, il maschio è dominante.
E' vero? E' falso?
Credo metà e metà.
Come donna, vedrei con molto piacere un ritorno a una certa matrilinearità, ma non nel senso di una organizzazione sociale matriarcale.
Vedrei con infinita gioia il (ri)nascere di una organizzazione in cui uomini e donne, ognuno nelle proprie specificità, potessero essere complementari e veramente pari (che non vuol dire uguali) in dignità e rispetto. E in cui la cultura femminile, questo si, che da lungo tempo è stata cancellata, potesse tornare ad esprimersi.
MA ho esulato un po' dal tema.... oppure no?
A.
Quoto PuffolaPigmea.
RispondiEliminaComplimenti per lo spunto di discussione!!
Buona giornata ;o)
Ti rispondo (dialogare con te, se pure con questo mezzo imperfetto, è un piacere!). Io non credo che esista alcuna specifica "cultura femminile"; credo che la cultura sia prodotta sia da uomini che da donne, e che non si differenzi per questo. Nella tradizione occidentale , ed anche in molte altre, le voci femminili sono state poche e soffocate; e le ragioni di questo risiedono senza dubbio, in ultima analisi, nelle organizzazioni sociali patriarcali. Sono piuttosto pessimista sulla possibilità di una autentica parità dei generi, in termini di ruoli ed opportunità sociali; il che non vuol dire minore o maggiore dignità o capacità, dato che la scelta culturale tra patriarcato e matriarcato è pressochè arbitraria, ad un certo livello di analisi. Dubito che le società di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico fossero matriarcali (quelle superstiti, per quanto ne vale la testimonianza su ventimila anni, di solito non lo sono); e dubito ancor più che fossero pacifiche. Vero che le donne, oggi e nella nostra società, tendono ad essere meno violente degli uomini; ma parliamo di donne che vengono da almeno cinquemila e più anni di sottomissione a sistemi patriarcali.
RispondiEliminaIo credo che una donna possa essere malvagia, crudele e violenta quanto un uomo, se ne ha la possibilità, e beninteso, possa essere altrettanto buona, dolce e compassionevole; anzi probabilemente di più, su entrambi i lati dello spartiacque morale.
Grazie, troppo buono!
RispondiEliminaContrariamente a quanto ho ritenuto per molto tempo - e diversamente anche da quanto tu pensi - io credo invece fermamente che tra uomini e donne ci siano delle spiccate differenze, e che queste differenze si riverberino anche a livello culturale (o meglio, lo farebbero se glie ne dessimo l'occasione).
E' semplicistico, intendimi, ma diciamo che gli uomini sono più portati all'esterno della famiglia, e a tutto quello che ha a che fare con la difesa e la sussistenza, mentre le donne sono impegnate nel suo interno, con compiti di cura.
(il che non significa uomini supermanager superfighi e donnette casalinghe frustrate.... come è stato interpretato per decenni...)
Ora se questo sia innato o dovuto all'evoluzione non so dirtelo, però diciamo che il grosso della nostra esperienza in quanto razza umana si è esplicato con questa modalità. Banalmente, l'uomo andava a caccia o in guerra contro altri clan o tribù, la donna badava al focolare, al clan, alla prole.
Uomini guerrieri, donne guaritrici e sacerdotesse.
Ripeto, semplifico moltissimo.
Ritengo molto probabile che a livello evolutivo, gli uomini quindi abbiano sviluppato un carattere genericamente più aggressivo, mentre le donne più empatico.
Sempre generalizzando e senza togliere che ci siano e ci siano sempre state donne aggressivissime e uomini empaticissimi.
Tradizionalmente, l'uomo portava avanti un certo tipo di cultura, legato all'approvvigionamento, alla guerra, ai modi di difesa, di caccia, corollati da prove e riti di passaggio che sapevano di forza fisica e coraggio; le donne una cultura diversa legata ad un ambito più "spirituale" se vuoi, e alla specificità dell'essere femminile (vedi ad esempio mestruazioni e parto), con riti di passaggio diversi.
Ora è chiaro che nnon siamo più clan che vivono in caverne rubate agli orsi e che non ci mettiamo più attorno al fuoco a fare danze con gli spiriti.
Però l'imprinting evolutivo secondo me rimane valido.
Poi è intervenuto il patriacalismo "spinto", è inetervenuta la civiltà (cosiddetta), le competenze richieste alle persone sono cambiate e tutto si è incasinato (termine scientifico).
Oggi come oggi, se una donna insegna alla figlia la "magia" del sangue mestruale, i suoi significati antichi e profondi, la connessione con il ciclo vita-morte-rinascita, bene che le vada, vien presa per pazza. E così queste cose, che sono un inestimabile patrimonio di tradizioni, conoscenze, antichi riti, si perdono irrimediabilmente.
Sul fatto che le società siano state matriarcali in passato, credo che quasi tutti gli storici concordino con questa tesi. Pare che tutto si basasse sulla questione della nascita dei figli, che veniva considerata magica fino al momento in cui non si è capito il ruolo del maschio nel processo riproduttivo. Questo ha fatto si che per molto tempo le donne siano state considerate - diciamo così - benedette maggiormente dalla divinità (femminile anch'essa), ed ecco perchè avevano un ruolo predominante per certuni aspetti (che riguardavano principalmente, pare, la sfera religiosa comunque).
Sulla parità culturale tra uomo e donna... la auspico, ma sono poco ottimista anche io.
A.